Blocchi e paure come li sto affrontando – Parte 1

Credo di aver paura del successo…

Ogni volta che devo fare qualcosa per promuovere la mia attività di Business Coach sono super bloccata e rimando sempre le cose da fare (vai Ingrid!!!! Il modo migliore per fare marketing XD ).

O trovo scuse.

Oppure mi vergogno di quello che scrivo (se si tratta della stesura di articoli per il blog o peggio per i post sui Social).

Poi un mucchio di pippe varie che terminano con il cervello formattato e un continuo rimurginare su tutto quello che dovrei fare e che invece non faccio.

Capita anche a te?

La paura che le cose sfuggano di mano mi fa spesso dire “e mo’ che cç#@o faccio adesso?”

Perché fondamentalmente sono convinta di non sapere nulla, quindi cosa posso mai offrire al prossimo?

Il nodo della questione però credo che dipenda dal fatto che ho passato una vita a studiare e che non sempre metto in pratica tutto quello che apprendo.

E adesso che sto creando con questo bellissimo nuovo progetto da zero, mi trovo a mettere in pratica tutto quello che imparato…

La paura di sbagliare paradossalmente mi congela e mi porta a procrastinare.

Ti ritrovi nelle mie parole?

Io a volte mi sento uno struzzo che ficca la testa nella sabbia.

Ma d’altronde se non inizio a lavorare su questa cosa non otterrò mai risultati.

Vuoi scoprire cosa sto sperimentando per uscire dall’ impasse?

Ti spiego cosa sto mettendo in pratica, nella speranza che possa esserti d’aiuto o comunque utile in un qualche modo.

Cerco di ingannare la mente.

Sì, hai capito bene.

La cosa è abbastanza subdola ma al momento sembra essere efficace e nemmeno troppo complicata.

Inizio spiegandoti la teoria (ma va?!?!? Chi l’avrebbe mai detto, io che parto dalla teoria…) e poi ti spiego la pratica.

PREMESSA: essendo io cosciente del fatto di avere una mente iper-critica, iper-logica e iper-rompipalle (e iper tante altre amenità che non sto qui ad elencarti) ho deciso di affrontare tutto questo percorso come un mero esperimento scientifico, applicandone letteralmente il metodo (se non ricordi più di cosa sto parlando e bazzichi con dei bambini alla scuola primaria chiedi a loro di spiegarti il metodo scientifico, sicuramente saranno ferratissimi in materia e potranno anche aiutarti).

Questo metodo mi permette di trattare il problema in maniera “oggettiva” scorporandolo da tutta quella parte emotiva che mi porterebbe sicuramente a bloccarmi di nuovo.

È un po’ come se stessi osservando un fenomeno esterno e io prendessi atto di quello che sta accadendo.

Attenzione però, non vuol dire che io non stia affrontando realmente il problema e cerchi soltanto di arginarne gli effetti, al contrario, conoscerlo nei suoi meccanismi ed osservandolo “da fuori” mi permette di andare meglio all’interno trovando il modo giusto e più adatto a me per affrontarlo, senza sopraffarmi e prosciugarmi energeticamente, rimanendo lucida e vigile.

Le fasi del metodo scientifico che ho utilizzato sono:

  • obiettivo: il risultato che voglio raggiungere
  • osservazione del fenomeno: che cosa mi sta accadendo
  • formulazione di ipotesi: cosa posso fare per arrivare al risultato che desidero
  • esperimenti: creo uno o più piani pratici per raggiungere l’obiettivo
  • registrazione ed analisi dei dati: come tengo traccia dei progressi o dei fallimenti
  • conclusioni: a che punto mi trovo? posso ancora migliorare o l’obiettivo è stato raggiunto?

Obiettivo: scrivere di più ed efficacemente gli articoli del blog, tutti i testi delle newsletter e dei percorsi gratuiti che voglio offrire e i post per Instagram.

Osservazione del fenomeno: trovo sempre scuse per non scrivere e rimando la creazione tutti i testi e gli articoli che sono parte integrante della mia attività di Business Coach.

Formulazione delle domande:

  • Che emozione provo quando so che devo scrivere e non lo faccio?
  • Come mi sento quando ormai non ho più tempo per iniziare a scrivere e ho letteralmente buttato al vento due ore del mio tempo (programmato tra l’altro per fare l’attività su esposta) a fare cose che magari sono anche importanti ma sicuramente non urgenti?
  • Quali sono le scuse più gettonate e come si giustifica la mia mente?
  • Non ho idee? Che cosa posso mai scrivere?
  • A chi interessa quello che ho da dire?
  • Di quanto tento a procrastinare mediamente?
  • È veramente importante per me questa attività?
  • Che posizione occupa nella mia personale scala di valori?
  • Come penso che mi giudichino gli altri se sapessero che devo fare questa cosa?
  • Come penso che mi giudichino gli altri se sapessero che continuo a rimandarla?
  • Che peso ha il giudizio degli altri nella mia vita?

In questa fase ho scoperto di avere tonnellate di domande, molte delle quali scomodissime, a cui rispondere e che ancora oggi non so da dove mi siano uscite.

Prova a scrivere anche tu, dopo aver individuato il blocco che ti affligge e dopo esserti posta il tuo obiettivo, tutte le domande che ti vengono in mente, poi quando senti di aver finito lasciale sedimentare per un po’, magari un paio di giorni, poi riprendile e prova a trovare una risposta.

Attenzione! Non è detto che tu riesca a trovare risposte soddisfacenti per ogni domanda.

Formulazione di ipotesi:

  • Paura del successo
  • Sindrome dell’impostore

Arrivando a questo punto dell’esperimento mi sono resa conto di avere messo in atto i meccanismi tipici di questi due fenomeni assieme ad un bel pacchetto deluxe di convinzioni limitanti che non sapevo nemmeno di avere, vedi le domande sul: “come penso che mi giudichino gli altri”.

Se anche tu ti rendi conto di mettere in atto un meccanismo, cioè di ripetere sempre una stessa sequenza di azioni, comportamenti, convinzioni, emozioni, sensazioni, ecc…; ma non sai se abbia un nome oppure no, non preoccuparti, l’importante è individuare il fenomeno o la sequenza, l’etichetta non è assolutamente una cosa necessaria.

Esperimenti:

Ho elaborato due esperimenti per questa fase del processo, ognuna riguardante una delle due ipotesi sopra formulate.

Entrambi sono molto lunghi da trattare in un solo articolo, per cui ho deciso di scriverne altri due (da come si può vedere il metodo scientifico sta già funzionando alla grande visto che ho appena messo in cantiere altre due idee per gli articoli 🙂 )

Per la creazione degli esperimenti sono andata per tentativi e sto ancora raccogliendo i dati.

Il metodo che ho usato è questo:

  • Una lista di tutte le strategie che ho usato in passato e che NON hanno funzionato
  • Mi sono chiesta se ho mai avuto periodi di alta produttività letteraria
  • In questi momenti come mi sono sentita: prima, durante e dopo?
  • Come posso ricreare ogni volta quell’atmosfera?
  • Ho cercato di individuare abitudini che favoriscono/contrastano il mio flusso creativo
  • Ho creato routine che ne favorissero l’attività
  • Ho studiato i flussi energetici che attraverso durante la giornata, se non sai di cosa parlo corri subito a leggere il mio articolo qui.
  • Ho individuato i momenti che per me potevano essere favorevoli alla riuscita del mio obiettivo
  • Ho programmato di conseguenza le mie attività giornaliere/settimanali cercando di rispettarne i tempi
  • Mi sono imposta con intenzione di non autosabotarmi
  • Ho fatto in modo che le nuove abitudini fossero gratificanti

Una volta individuati e raccolti questi parametri mi sono creata delle routine che ho cercato di seguire in maniera continuativa ma non rigida.

Mi sono premiata per i risultati raggiunti (a volte è bastato anche un “brava Ingrid” senza chissà quali cerimonie, ma riconoscere il mio valore di volta in volta per me è molto importante).

Mi sono compresa e sostenuta quelle volte in cui non sono riuscita a rispettare i parametri che mi ero data, cercando di capire i perché del non raggiungimento degli obiettivi, anche questa è ricerca scientifica, non può andare bene tutto subito al primo colpo e credo sia proprio questa la forza del metodo, continuare ad aggiustare il tiro provando quella curiosità che solo uno scienziato in erba di 8 anni riesce a provare.

In fondo non ci siamo riuscite fino ad ora a portare a casa il risultato, aspettare un po’ di più e capirne veramente i motivi del “fallimento” non può che farci bene.

Registrare ed analizzare i dati: semplicemente sto tenendo un diario, faccio journaling tutte le sere e a volte anche il mattino, annoto tutti i miei progressi, quello che va e non va e scrivo le mie impressioni e riformulo nuove ipotesi. Aggiusto anche gli esperimenti.

Segno i risultati concreti più eclatanti sull’agenda (cartacea nel mio caso, quella digitale è solo per gli appuntamenti), in modo da averne traccia e poterne monitorare i risultati sul lungo periodo.

Conclusioni: sono ancora work in progress, ma vedo che questo metodo su di me funziona molto bene e mi sta facendo scoprire un sacco di cose su di me che non pensavo